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      - Ma non così il conte, che ci farebbe impiccare ai merli del suo castello; rispose il canonico.
      - Davvero? E dimmi; che religione professi tu, Ansperto mio dolce?
      - Quella di nostro Signor Gesù Cristo!
      - Conosco, sì, conosco. È dunque la stessa religione dei martiri. Quei primi cristiani si facevano ammazzare allegramente, solo per il gusto di proclamare il loro Dio. C'era tanto amore in quel sacrifizio, c'era tanta giovinezza di sentimento, da rendermi perfino invidioso. Mi pareva, vedendoli, di essere ritornato a quel giorno che uscimmo noi, angeli, allegro sciame di alati pensieri, dalla mente dell'Eterno. Noi fummo il fiore della creazione; voi, uomini, ne siete stati la feccia. Ed io li amai, vedi, li amai quei poveri confessori di una fede di cui essi medesimi non dovevano salutare il trionfo. Incantato, rintontito, stetti cento e più anni a contemplare la magnifica scena. Qualche volta, bensì, per effetto d'abitudine, mi accadeva di ripigliarmi qualche catecumeno; ma poi me lo lasciavo scappar di mano. Va, gli dicevo, va a farti ammazzare per il tuo Dio. Questa, fin che dura, è ancora una ribellione contro qualcuno, e le ribellioni mi piacciono. Del resto, povere vittime, vedrete poi che bel frutto avrà il mondo dal vostro sangue purissimo. Tra papi e imperatori, i vostri nepoti saranno conciati per il dì delle feste. Quella gente là leveranno anche l'incomodo a me. Verrà giorno che il diavolo sarà licenziato, come un buon veterano, e mandato a godersi il suo peculio castrense.


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Il prato maledetto
Storia del X secolo
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1909 pagine 213

   





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