- Sì, mio buon zio.
- Ah, era dunque vero? era un uomo in carne ed ossa?
- Che vuol dire questa domanda, - riprese Bertrada, sbarrando gli occhi a sua volta. - Pensi tu, zio, di non aver parlato dianzi.... al castellano Rainerio?
- Sì, sì, dicevo bene, - balbettò il povero canonico. - Ma mi pareva tanto strano, che venisse da me, per consiglio. È un malvagio, pur troppo, un malvagio con cui bisogna star bene. Ma senti che odore di zolfo ha lasciato qua dentro?
- Di zolfo? - disse Bertrada, - non mi pare. Piuttosto d'aglio, e viene dalla cucina.
- Ecco, sì, dalla cucina. Ah, tanto meglio! - rispose il canonico, respirando. - E che cosa mi hai tu preparato per cena?
- Hai cenato, zio; non ti ricordi? Io ora stavo facendo l'agliata, per conservare quel ch'è rimasto delle trote, che ci ha portate Landolfo, il pescatore di Brania.
- È giusto; hai fatto bene; sono anche buone con l'agliata; - disse il canonico. - Va pure, va alle tue faccende, Bertrada. Io mi ero un po' stancato nello studio, e avevo perduto la memoria. -
Bertrada se ne andò. E il canonico Ansperto soggiunse, quando fu solo:
- Ah, si, l'agliata! l'agliata! Vedete un po' che paura, questi brutti sognacci! Ma che cos'è un sognaccio, nel caso mio? L'ha ben detto egli, anche nel mio sogno; è la voce della coscienza.... il rimorso. -
CAPITOLO XII.
Dove i cinque falciatori in gara si riduconoa quattro.
Come aveva detto il fosco personaggio ad Ansperto, o com'egli, il pauroso canonico, sapendolo già, aveva creduto che un altro gli dicesse, il conte Anselmo, signore di quelle terre, si era messo in cammino da Acqui verso i confini di Cairo.
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Il prato maledetto
Storia del X secolo
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano 1909
pagine 213 |
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