Insomma, castellano mio, un prodigio di bellezza; e quando si voltò, mostrandomi il profilo del viso, pensai che il più bello non avessi veduto mai. Ed era una montanina, Rainerio. Tu sei giudice, oggi; rendi dunque giustizia alle bellezze di montagna, come ho saputo renderla io. -
Rainerio s'inchinò, facendo bocca da ridere. Bisognava ridere, infatti, perchè il conte era di buon umore.
- Fu ella riconoscente al suo signore per la grazia che egli le faceva.... guardandola? - domandò poscia il castellano.
- No; - disse Anselmo. Tu ora fantastichi Dio sa che storie, intorno alla bella fanciulla che lavava i suoi pannilini nel borro. Le parlai, veramente; e avrei anche voluto tenerle un più lungo discorso; ma la montanina bella mi dimostrò subito di avermi riconosciuto, ed io mi allontanai; sospirando un pochino, te lo confesso, ma mi allontanai. In amore, l'autorità non mi piace, per vincere. Vorrei essere amato per me, non per il comando che esercito. Essere obbedito da tutti gli uomini e amato da tutte le donne, alla pari, ecco il gran punto. Mi dorrebbe di avere per rispetto i sorrisi della bellezza, come mi ripugnerebbe di ottenerne le grazie con la violenza. -
Per un uomo come il conte Anselmo, a cui nulla resisteva, quello era già un dir molto. E al castellano Rainerio parve una allusione diretta, un acerbo rimprovero a ciò ch'egli pur meditava di fare.
Frattanto la cavalcata era giunta alla chiesuola di San Donato. Colà, sul sagrato, stavano i falciatori, aspettando.
Ma erano quattro, e Rainerio, guardandoli attentamente al bianco lume dell'alba, non vide l'ultimo iscritto.
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Il prato maledetto
Storia del X secolo
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano 1909
pagine 213 |
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