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      E non era un dappoco; e nessuno lo vinceva nella amabilità del discorso. Il castellano Rainerio doveva tremare, vedendo il conte Anselmo avviarsi al podere di Croceferrea. E ben più avrebbe egli tremato, se avesse indovinato che Dodone non era in casa quel giorno.
      Il vecchio aldione, offeso da quel chiasso che si faceva intorno a sua figlia, aveva presa la sua scure ed era andato a smaltire la rabbia nel bosco, lasciando Getruda padrona di sognar castelli e corti a sua posta.
      Giunto al manso di Croceferrea, il conte Anselmo aveva tosto rinunziato alla caccia. Andasse pur chi voleva; anzi gli avrebbero fatto un gran piacere a levarglisi di torno, e falconieri ed arcieri. Quanto a lui, voleva fermarsi un tratto e visitare il bel podere di Croceferrea; perciò avrebbe mandato un famiglio in traccia del vecchio; frattanto, si tratteneva a discorrere con la bianca Getruda. Ed ella, dal canto suo, non doveva darsi pensiero di un così ragguardevole visitatore; seguitasse pure a filare; filava con tanta grazia!
      Anche Berta, la nobile sposa di Carlomagno, filava, e quel grazioso ufficio domestico le dava occasione di mettere in mostra due belle mani; non così belle, affediddio, come quelle di Getruda.
      Al canonico Ansperto, o il diavolo, o un pensiero del suo capo, aveva giustamente notato che la bianca Getruda, non somigliava punto a nessuno de' suoi.
      La bellezza di lei non era solo la fiorente e sgargiante di certe figliuole dei campi; ma la elegante e superba di un più chiaro legnaggio. Vedendola a tutta prima, si poteva credere di essere al cospetto di una figlia di re, nascosta nelle umili vesti di una contadina.


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Il prato maledetto
Storia del X secolo
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1909 pagine 213

   





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