Il fuso era caduto da un pezzo, lo sapete. Cadde anche la rocca. A qual pro' sarebbe rimasto ritto al fianco della giovine donna quell'inutile arnese? Berta, oramai, non voleva più filare.
Ah, povero castellano Rainerio! i tuoi consigli fruttavano, ma non a te; l'ambiziosa aveva conquistato ben altro. E sapeva la sua forza, quella figlia d'aldioni, che sognava un trono; meglio assai che dallo specchio di Gerberga, ne aveva la testimonianza credibile dalle pazzie di tutti quegli uomini che s'incontravano in lei, aldioni e censuarii, castellani e conti. Ma sì, conosceva i suoi pregi, la rustica sirena; ed era forse più disposta ad esagerarne il potere, che non a giudicarlo nella giusta misura; nè, dato il caso, si sarebbe fermata a quel punto con le sue ambizioni. Se fosse capitato da quelle parti, e magari in quell'ora, un re di Neustria, o lo stesso imperatore di Lamagna, povero conte Anselmo! sarebbe andato a tener compagnia al castellano Rainerio.
Ma imperatori e re, per fortuna d'Anselmo, erano lontan di là. Anselmo vinceva; e, felice della vittoria, non pensò di svegliare la figliuola di Dodone dal suo sogno ambizioso.
Aveva tuttavia steso il braccio, per avvinghiarla dolcemente. Ma dolcemente ella si liberò dalla stretta.
- Perchè non mi lasci sognare? - gli disse, con un filo dì voce.
- In due; - rispose il conte. - Ti dispiace egli che sogniamo in due?
- No, - replicò l'astuta, - ma tu devi pensare ad altro, bel conte. È da uomo savio e potente, come tu sei, il provvedere al futuro.
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Il prato maledetto
Storia del X secolo
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano 1909
pagine 213 |
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