- Sei tu di Lamagna, mio signore? - disse egli all'ignoto e portentoso personaggio.
- Non sono, - rispose quell'altro, - ma faccio conto di andarci; se pure non incontrerò Teofania, la mia buona sorella, per cammino, di qua dalle Alpi.
- Teofania! - esclamò il banditore, fermandosi su due piedi e squadrando il suo compagno di viaggio. - Non è dessa la madre del nostro imperatore, che Dio guardi?
- Per l'appunto, o Scarrone. E la cosa ti par meravigliosa, per un falciatore, non è egli vero? Ma sarà sempre meno maraviglioso essere lo zio di Ottone III, che non Lucifero in persona, come dianzi credevi. Ma eccoci al manso di Croceferrea, se non prendo una cantonata.... per un'altra; e qui tu devi dar fiato alla tua tromba solenne, per annunziare la mia vittoria, ed anzi tutto la mia persona. Eccoti qua; leggi i miei titoli. -
Così dicendo, Legio porgeva a Scarrone un rotoletto di pergamena. Il banditore lo svolse e lesse i titoli che quell'altro accennava, ma guardando ad ogni tanto il personaggio eminentissimo che si era celato fino allora sotto l'oscuro nome di Legio.
Era molto confuso, il povero Scarrone; era molto maravigliato; ma non aveva più la paura di prima. Doveva annunziare un pezzo grosso, uno dei più grossi che fossero al mondo; ma non aveva, la Dio mercè, da fare col diavolo.
CAPITOLO XVII.
Come alla bianca Getruda toccasse finalmenteuno sposo degno di lei.
Il conte Anselmo era escito sull'aia, per fare atto di autorità contro il vincitore della gara, da lui stesso bandita.
Non fu poca la sua maraviglia, vedendo Scarrone, seguito da un drappello di trombettieri, che egli non conosceva, e che indossavano quelle strane vesti di porpora.
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Il prato maledetto
Storia del X secolo
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano 1909
pagine 213 |
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