Bella Ingetruda, - soggiunse, volgendosi alla giovane - non era questo il tuo sogno? -
Gli occhi d'Ingetruda brillarono, e le sue guance si tinsero di porpora. Una reggia! Sì, veramente, quello era stato sempre il sogno dell'anima sua.
- Tu non puoi; - disse Anselmo, dopo un istante di pausa, in cui aveva fortificata la sua risoluzione con tutti gli argomenti che poteva offrirgli la novità del caso.
- Non posso! e perchè, di grazia?
- Perchè tu hai vinto mentendo il nome e la condizione; perchè la vittoria non basta, ma è necessario ancora l'adempimenio di un patto, che era annesso alla gara.
- Sentiamo il patto.
- È presto detto, e te ne farà fede Scarrone, che ha gridato per tutte queste valli il mio editto comitale. Il vincitore sposerà la bella Ingetruda, ma si obbligherà a vivere nella casa di Dodone, lavorando nel manso di Croceferrea, come censuario mio e vincolato alla terra che dovrà dargli l'ospizio.
- È grave, il patto, - rispose Legio, - ma non è incomportabile. Per i begli occhi d'Ingetruda si può far questo ed altro. Ma vorrai tu, e volendo, potrai costringere a questo ufizio servile un uomo della mia levatura, sangue d'imperatori, e a te superiore di tanto, o figliuol di Aleramo? Pensa, o buon conte, che io posso comperare ad oboli d'oro tutta la tua marca montanina, e quella di Oddone tuo fratello. Qui, su quest'aia, posso noverartene tante migliaia, quante tu non ne hai vedute ancora, e quante non ne accolse la Camera imperiale di mio cognato Ottone II in tutti i suoi anni di regno.
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Il prato maledetto
Storia del X secolo
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano 1909
pagine 213 |
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