- Lasciatemi passare, o ch'io....
- Ah bel conte! bel conte! Tu non sei generoso. L'hai presi, tu, i baci? Lascia che altri n'abbia la parte sua. Tu non sei neanche giusto, bel conte! La donna è di colui che in due ore ha falciato tutto il maggese. L'hai tu fatta la legge? Ti sei tu sostituito all'autorità di un padre, per maritar Getruda a tuo talento? La tua legge è contro di te; la tua autorità ti condanna. Dodone, intanto, il vecchio Dodone, è andato sui monti, e sfoga il suo dolore atterrando alberi a colpi di scure. Vuoi tu andare con lui, bel conte? vuoi tu andare con lui a smaltir la tua rabbia? -
Mentre la turba cantava, ballando in cerchio e stringendo sempre più il povero conte, un alto fragore di trombe e di timpani percossi veniva dalla casa di Dodone, diffondendosi intorno.
- Che è ciò? - disse Anselmo, turbato.
- È l'inno di nozze; - risposero gli uomini rossi, seguitando a ballare. - La bianca Getruda è finalmente di Legio.
- Perchè chiamarlo così, servitori malnati? gridò il conte Anselmo. - Non è egli Costantino Macèdone?
- Ah sì, Costantino Macèdone, e quanti altri nomi gli piace di prendere, quando viaggia sulla faccia della terra! Ma il suo vero nome è Legio; e noi siamo suoi spiriti, particelle della sua medesima essenza. -
Il conte Anselmo si vide perduto. Aveva inteso finalmente chi fossero quegli uomini rossi, e a qual principe formassero corteo.
- Ah! - mormorò egli, levando gli occhi al cielo in atto supplichevole. - Signore Iddio, abbi compassione di me! -
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Il prato maledetto
Storia del X secolo
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano 1909
pagine 213 |
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