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      Il diavolo! che si canzona? Ansperto, che pure ricordava con un certo senso di sbigottimento la visita del maligno, Ansperto non voleva credere al racconto di quella gente atterrita.
      Già, egli stesso aveva dovuto ricredersi, per ciò che riguardava la visita di Legio, non vedendo in quel fatto che una allucinazione della sua mente, stravolta dalla paura del castellano Rainerio.
      Non potevano essere gli scabini e i trombettieri allucinati del pari, e aver dato a qualche fatto singolare una spiegazione troppo frettolosa?
      Il diavolo! è presto detto, il diavolo! Bisogna vedere, bisogna ponderare. Ci vogliono delle prove. Non si mette mano agli esorcismi, se non si ha la certezza di aver davanti il maligno, proprio lui, proprio lui, in carne ed ossa, in ispirito e verità; anzi peggio, poichè si tratta di un tal personaggio, in ispirito.... e bugia.
      Ansperto le sentiva, le gravi testimonianze degli scabini, e gravissime tra tutte quella della falce che si allungava, tagliando tutta l'erba del prato nello spazio di un'ora. Ma anche su quell'ora egli trovava a ridire.
      - Se fosse il diavolo, - notava egli, - non avrebbe avuto bisogno di un'ora di lavoro. Una falciata sola, e ziffete! il prato doveva essere pulito come la palma della mano.
      In quel mentre capitava Marbaudo, e alla presenza di tutti i canonici, raccolti nella sagrestia della chiesa, narrava per filo e per segno, tutto ciò che era accaduto laggiù. Gli altri erano fuggiti; ma egli aveva tenuto testa al falciatore misterioso. E poi, dal riparo dei salici, guardando indietro, lo aveva visto salire verso Croceferrea, in compagnia del banditore Scarrone, con un grande corteo di fanti e di cavalieri, sbucati lì per lì dalla macchia, e tutti vestiti di rosso.


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Il prato maledetto
Storia del X secolo
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1909 pagine 213

   





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