Evidentemente, il vincitore andava a prendere la sposa, lasciando il castellano Rainerio svenuto, forse morto dallo spavento, sul sagrato della chiesuola, e due scherani di lui malconci sul prato.
- Non c'è tempo da perdere, disse uno dei canonici, - bisogna correre a Croceferrea, per impedire un guaio più grande, -
Infatti, lassù era andato quella mattina il conte Anselmo, e a lui poteva capitare una disgrazia irreparabile; il conte, a dir vero, non trattava bene la chiesa, poichè usurpava le sue terre; ma, infine, non mostrava di sprezzarne i ministri, e qualche bel presente lo aveva anche fatto, alla chiesa di Santa Maria. Poi, era il conte; in lui risiedeva, per volontà del cielo, l'autorità suprema; in lui era una valida difesa contro i predoni della montagna e contro i Saraceni, che già qualche volta avevano osato mostrarsi nelle alte valli della Bormida, non contenti di far bottino sulle spiagge indifese della Liguria.
- Ebbene, - disse Ansperto, non osando di resistere più oltre, - se questo è il vostro pensiero, o fratelli, mandiamo un esorcista. Bono, che giustamente ha detto non esserci tempo da perdere, e che, grazie al cielo, ha buone gambe per correre, potrebbe andar egli; non vi pare? -
Ma il vecchio Luitprando, primicerio del capitolo, rispose in questa forma alla proposta di Ansperto:
- Bono è il più giovane di tutti noi, e certamente accetterà di gran cuore l'invito. Ma io, se credete, trattandosi di un caso gravissimo, sarei d'avviso che si andasse tutti. Le potenze d'Averno si scatenano contro di noi?
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Il prato maledetto
Storia del X secolo
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano 1909
pagine 213 |
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