- Che è ciò? - chiese il canonico Ansperto, che stava dietro a Luitprando.
- Sono fuggiti! - dissero alcune voci dalla camera attigua. - Son fuggiti i demoni! Li han veduti, quelli di fuori! Li vedono ancora. Sono uno sciame infinito, come di cavallette: e vanno ad ali distese, laggiù verso tramontana. -
Queste le notizie che giungevano, portate di bocca in bocca. Molti escirono per vedere anch'essi; ma già, o perchè i sinistri volatori fossero già troppo lontani, o perchè li nascondesse all'occhio la massa nera dei monti sopra Cengio, non fu più dato di scorgerli. Ma bene affermavano, sacramentavano di averli veduti coloro che erano rimasti sull'aia, non potendo penetrar nella casa. Primo avevano veduto fuggire un gran cavaliere dalla berretta rossa, sormontata da due penne di gallo, e con un rosso mantello svolazzante dagli omeri. Inforcava un cavallo alato, con una lunga criniera d'aspidi dardeggianti le teste triangolari all'intorno, e con una gran coda di serpente che aveva mandato un fischio acuto, partendo. Dietro a lui, da una finestra della casa erano esciti a volo più di cento, più di mille spiriti affollati, quali rossi come fiamma, quali neri come fuliggine, battendo le grandi ali di pipistrello e stridendo a guisa di uccelli rapaci.
- Ringraziamo il Signore, che ha liberata la casa; - disse Luitprando; - e preghiamo per questa morta, sperando che Iddio misericordioso le perdoni i suoi falli. -
I sacerdoti s'inginocchiarono e dissero intorno al letticciuolo di Getruda le preghiere dei defunti.
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Il prato maledetto
Storia del X secolo
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano 1909
pagine 213 |
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