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      All'estinta alcune donne caritatevoli avevano chiusi gli occhi e tirato un pannilino sul volto. Luitprando aveva appoggiata sul letto la croce.
      Pregavano tutti, tranne Dodone, che rideva e piangeva alternamente, e che fu pietoso consiglio di amici condurre all'aperto, dove non avesse pił sotto gli occhi il triste spettacolo della morta figliuola.
      Anche Marbaudo avrebbero voluto strappare di lą; ma egli non si lasciņ persuadere, e rimase a singhiozzare in un angolo della stanza. Il poveretto faceva pietą; condannato a soffrire, se quella donna fosse vissuta, condannato a soffrire poichč quella donna era morta.
      Non pregato da alcuno, escģ il conte Anselmo a passeggiare sull'aia, ma senza osar pił di metter il piede in quel punto dove lo avevano attorniato i saltatori beffardi. Ma era poi vero che quella scena gli fosse accaduta? Ci pensava, e non sapeva capacitarsene. Pensava ancora al suo dolce colloquio con la bella Getruda e gli pareva di avere sognato. Forse sognava ancora, ed era quella la parte brutta del sogno. Ah, se avesse potuto svegliarsi, laggił, nelle sue stanze di Acqui, e ridere de' suoi terrori notturni! Ma no, non poteva essere, pur troppo, non poteva essere ch'egli avesse sognato. Anche nel sogno, quando un barlume di coscienza ci fa dubitare, anche nel sogno sentiamo che l'inganno della fantasia finirą tra non molto! Ma lą, sull'aia del manso di Croceferrea il conte Anselmo sentiva dentro di sč che quei casi strani avvenuti erano la veritą, e sogno in quella vece i suoi dubbi.


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Il prato maledetto
Storia del X secolo
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1909 pagine 213

   





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