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      Ma essa è più che mai soggetta a quei Sassoni, nei quali ha fatto rivivere il titolo imperiale di Carlomagno.
      Sian Sassoni, o Bavaresi, o Svevi, essa ne avrà noia più tardi; per ora è amicizia grande tra le due potestà, congiunte come sono dal doppio vincolo del tornaconto e del parentado. E la Chiesa, andando incontro alla liberalità del giovane imperatore, strappa alla sua Camera quanto può di donazioni territoriali, o di restituzioni e di reintegrazioni, com'ella dice. Il popolo non sa come chiamarle; sia l'uno o l'altro che comandi, esso è sempre costretto a servire.
      Duchi, conti e marchesi, avevano fatto in ogni cosa il piacer loro, sulle terre che erano state poste sotto la loro giurisdizione personale; una giurisdizione che lo sfasciamento dell'impero di Carlomagno e la turbata condizione dell'impero degli Ottoni avevano resa facilmente ereditaria nelle loro famiglie. Quegli ufficiali pro tempore incominciarono a tenersi per signori, fino a tanto che l'autorità imperiale, o contrastata fra emuli, o disconosciuta da avversarii potenti, non ebbe modo di farsi sentire alle marche lontane.
      Tra costoro dovettero primeggiare naturalmente i figli di Aleramo, lontani in pari modo dagli imperatori di Germania e dall'autorità papale, ancora così piccola a quei tempi, e non capace, se il braccio imperiale non la soccorreva, di metter freno alle usurpazioni di quei primi feudatarii sul patrimonio della Chiesa. Noi sappiamo, fin dal principio di questo racconto, che per esser là, presso le scaturigini della Bormida, il confine tra le diocesi di Alba e Savona, i conti Aleramici facevano ancora lor pro dei litigi occorsi tra esse per il possesso di alcune terre e per il diritto di alcune decime; donde aveva una nuova applicazione il noto proverbio: tra due leticanti il terzo gode.


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Il prato maledetto
Storia del X secolo
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano
1909 pagine 213

   





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