E soggiungeva, nello strano latino del cancelliere Eriberto, che noi rechiamo tradotto:
Così ordinando, comandiamo che nessuno, duca, arcivescovo, conte, marchese, visconte, e niun'altra grande o piccola persona del nostro impero, s'attenti di spogliare o molestare delle predette cose, servi e serve, lo stesso vescovo e successori di lui. Che se taluno vi fosse, il quale violasse questa pagina di precetto, sappia egli di dover pagare per ammenda (sciat se compositurum) cento libbre di oro ottimo, metà alla Camera nostra, e metà al predetto vescovo, o suoi successori.
Il che, per essere meglio creduto e più diligentemente osservato, firmando di nostro pugno, ordiniamo sia suggellato in calce (manu nostra corroborantes inferius jussimus sigillari).
Seguivano le forme autentiche, di cui, per una volta tanto, non va neppur defraudato il lettore.
Signum domni Ottonis serenissimi imperatoris augusti. Heribertus cancellarius vicem Petri Cumani episcopi archicancellarii. Data anno dominicae incarnationis DCCCCXCVIII, anno tertii Ottonis regnantis XVI imperantis. Actum VI Kal. Junii, indicione XI. Romae. feliciter.
Così, nominando ad uno ad uno i progressi e i diritti del vescovo di Savona, era implicitamente descritto il confine delle due diocesi, savonese ed albense.
Similmente, era accennato quello che i conti Aleramici dovevano lasciare in legittimo e pacifico possesso al vescovo di Savona, di tanti luoghi da essi usurpati fino a quel giorno. L'ammenda di cento libbre d'oro fine, ai trasgressori del precetto imperiale, non era una cosa da poco.
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Il prato maledetto
Storia del X secolo
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano 1909
pagine 213 |
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