Io non saprei qui su due piedi farvi il ragguaglio della moneta, paragonando il 998 col 1886; ma posso ben dirvi che cento libbre d'oro fine valevano, sull'animo d'un conte di allora, assai più del finimondo, minacciato alle genti.
Per quel trapasso di proprietà era da sperare che sulle attinenze della chiesuola di San Donato cessassero gli effetti della stregoneria. Così avvenne di fatti se la cronaca di frate Eusebio racconta il vero.
Nell'anno 998, il maggese di San Donato, rimesso debitamente a ferrana (come il suo vicino di San Pietro, che n'ebbe per l'appunto il nome di Ferrania), diede, non una, ma quattro successive raccolte di fieno. Dopo sette anni di desolazione dell'abominazione, era il meno che potesse fare, per utile della diocesi rivendicatrice e per conforto dei popoli circonvicini. L'ebbero questi per lieto augurio. Non ha l'aria di voler finire il mondo, fino a tanto che la cortese natura rinnova in ogni stagione le necessarie provviste alla umanità sofferente.
Mi direte che qui si tratta di fieno, e che l'umanità non c'entra. Non c'entri, e passiamo oltre. Io vi dirò invece che il diavolo non è così facile a scacciare dai luoghi dove una volta abbia messo il piede. Sul prato maledetto egli andava spesso (di notte tempo, si capisce) a celebrar le sue nozze, con fiaccole e musica. Non era prudente, per conseguenza, avventurarsi in quel luogo solitario; e il meglio che si potesse fare, quando si capitava là durante la ridda (sempre secondo la cronaca di frate Eusebio), era di ritornarsene indietro, se pure non si era accompagnati da un valente esorcista.
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Il prato maledetto
Storia del X secolo
di Anton Giulio Barrili
Fratelli Treves Milano 1909
pagine 213 |
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