E in che cosa, se non in questa sincerità e convenzionalità aventi ineluttabili ragioni storiche, va cercata la spiegazione di quel fatto che notava lo Hanslick, che nulla è più cedevole al tempo e alla moda (cioè alle mutevoli condizioni del superficiale sentimento popolare) delle forme della musica teatrale? I nostri nonni hanno infatti pianto alle settecentesche smanie della Vestale colpevole di Spontini, come i nostri bravi loggioni moderni palpitano e fremono all'eroismo da sartine e da commessi viaggiatori della Bohème o si commuovono all'apoteosi da giornale illustrato della mousmè Iris, cortigiana abortita per ignoranza. E, parimente, i nostri padri vibrarono dinanzi alle victorughiane idealizzazioni del buffone di corte Rigoletto, come i loro rispettivi bisnonni erano andati in solluchero alle graziette lascive e seducenti della Serva che non contenta del possesso carnale d'un vecchio padrone di provincia, ne vuol sancito il dominio con un bel matrimonio. Come si vede il fenomeno è vecchio e a forza di nonni e di bisnonni si potrebbe senza fatica risalire, seguendone le traccie, a Plauto e chissà quanto più su.
III.
Ciò che simboleggia Pietro Mascagni nell'opera moderna italiana.
Pietro Mascagni, ho detto, è un discendente in linea retta degli operisti italiani. Al pari di loro, egli non mira che a destare i tumultuosi fremiti salienti dalle platee, ruinanti come uragano dai loggioni, con delle scene che afferrino l'attenzione del pubblico alla prima audizione, con dei finali coronati di quelle folgori degli ottoni, senza delle quali il volgo non crede all'esistenza del miracolo.
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