Il sipario si alza davanti alla piazzetta d'un paese in festa. Č mattina. Le campane suonano e dal loro ritmo vien generato, con un'intuizione geniale, il motivo gaio e esuberante di trilli di colore e di squilli di luce, che descrive la pasqua. Son frasi gaie, lanciate con un brio rossiniano di danza, alle quali si unisce a poco a poco il doppio coro, quello femminile cantante una fresca e delicata melodia primaverile, quello maschile, rude, un po' sgarbato nella sua allegria contadinesca. La scena č indovinatissima. Potrā forse sembrare triviale a certi critici di palato ipersensibile, ma chi conosce bene le pasque gioconde delle nostre cittā italiane col loro bel sole d'aprile, con quel brulichio d'abiti femminili dai colori accesi che formano colle luci e con le ombre accordi policromi sempre cangianti; chi ha provato quel senso tutto caratteristico di allegria spensierata e di facile felicitā che effondono lo scampanio incessante e il clamore della folla, diverso, non so perchč, da quello delle altre domeniche, riconoscerā che Pietro Mascagni ha mirabilmente rappresentato in questa scena introduttiva il mattino della pasqua popolare italiana.
E il dramma comincia.
Un motivo tortuoso e cupo, il motivo della gelosia di Santa, apre il recitativo di questa con mamma Lucia. Fermiamoci un istante su questo tipo di recitativo. Esso non č il vecchio recitativo monotono dell'opera buffa, o il recitativo eroico e starei per dire marmoreo delle opere wagneriane della prima e seconda maniera.
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Pietro Mascagni Santa Lucia
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