Così com'è, è un pezzo ben meschino, vuoto, tirato via, con una velleità di ritorno all'antico modo di cadenzare un pezzo con qualche retorica cadenza o nota di bravura.
Possiamo anzi fin da ora notare, e così avremo indicati i principali difetti dell'arte mascagnana, che il nostro autore, se ha in comune con gli artisti molto spontanei ed ingenui alcuni pregi indiscutibili, ne ha anche in comune i difetti correlativi. Se, per es., è nel Mascagni pregio gettar giù musica bella (sebben piccola nel suo contenuto) a larghi fiotti, come una fontana sempre piena, senza l'ansia creatrice e il combattimento eroico con la materia sorda e riluttante alla bellezza della forma, procedimenti propri a un Michelangiolo e a un Beethoven; talvolta questa sua facilità quasi direi incosciente, tanto è ingenua, diviene il suo peggior difetto. Chè l'accogliere senza un'insaziabile riflessione tutto ciò che nasce nella sua fantasia, lo porta spesso a accumulare erbe marcite in luogo di fiori freschissimi. Nel resto dell'opera del Mascagni infatti, e lo vedremo a suo luogo, vi sono non più pezzi soli e brevi, ma interi spartiti, in cui la mancanza d'una vagliatura rigorosa e dignitosa ha fatto sì che il maestro scambiasse per arie espressive, semplici accozzi mnemonici ed insignificanti di quegli echi di composizioni o proprie o altrui, che formano il supplizio di tutti i musicisti più riflessi. Giacchè anche nella musica accade ciò che il Bergson e altri notavano accadere nel linguaggio poetico. I poeti, i veri poeti, creano parole sempre nuove, perchè intuiscono sempre situazioni della realtà continuamente diverse; ma la vita comune, la vita, come direbbe lo Shelley, meccanica, non avendo creatività bastante a produrre nuove esperienze, ripete, con esperienze stereotipate, parole vecchie, da cui è stata spremuta tutta la freschezza del succo.
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