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      La Cavalleria resulta dunque, rispetto agli ideali che l'hanno o sembra l'abbiano ispirata, un'opera in ritardo, e perciò, anche sotto quest'aspetto, inferiore alla storia, allo spirito che si svolge con continuo processo di autocreazione nel tempo; essa è un'estrema produzione del verismo, come il Mefistofele è una postrema produzione del romanticismo; sebbene nella Cavalleria noi potremmo trovare un verismo infinitamente meno rigoroso di quello dei naturalisti, che non ammettevano l'opera d'arte che come un documento scientifico-fotografico della vita umana. E non per il fatto che il Mascagni si sia reso piena coscienza dell'errore estetico del verismo; sibbene perchè il verismo mascagnano è un verismo da musicisti, un verismo (non voglio fare un calembour) a orecchio, da permettere perfino delle infiltrazioni wagneriane. Ora questa mia nota sul verismo della Cavalleria, non sarebbe che oziosa e meramente meccanica, se proprio questo carattere veristico non facesse assumere a quest'opera il valore, rispetto alla circoscritta operistica italiana, d'un sintomo di rinnovamento innegabilmente necessario, e, rispetto alla grande arte motivata dalle più alte necessità della storia umana, non le facesse assumere, contemporaneamente, il valore d'un'opera inutile perchè in ritardo7. Ciò che ho detto sulla manchevole coltura del Mascagni, ha qui una nuova riprova. Sembra quasi che l'arte degli artisti come questo nostro, si contenga verso la grande arte degli artisti come Goethe e Beethoven, e Berlioz e Wagner, al modo stesso che l'immobile fondo del mare verso gli alti strati delle acque percorse da correnti e agitate da tempeste.


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Pietro Mascagni
di Giannotto Bastianelli
Ricciardi Napoli
1910 pagine 103

   





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