.. della bella carne giovane e robusta; converrà con me che quest'intermezzo è vero, è bello, è italiano, e che anch'esso va messo tra quelle arie popolari, che il sereno grande compositore futuro dell'Italia dovrà avere nel cuore insieme con qualche altra cosa ancora degl'italiani, oggi purtroppo dimenticata: il Pensiero. Ma già, di coloro che questo intermezzo non comprenderebbero e irriderebbero, quanti hanno compreso le divine ariette di Pergolese, di Marcello, di Carissimi, di Vivaldi, di Arcangelo del Leuto etc. etc? quanti le hanno godute pienamente e non a traverso ridicole retoriche da salotto?
I Rantzau, invece, sono una delle opere peggiori del Mascagni; in esse trionfa quel modo compositivo o meglio costruttivo, che ho già chiamato autoretorica. Certo, non siamo ancora caduti nella ributtante sciatteria del Silvano, nè nello sforzo tronfio e inconcludente dell'Amica. Il maestro ha in quest'opera ancora tanta dignità in sè da non abbandonarsi a un'inerzia indifferente o a ricorrere a degli inganni ignobili di barocca sapienza orchestrale e drammatica. Ma, sebbene questa retorica sia innocente e quasi fanciullesca, cominciamo però a sentire nell'ingegno del maestro il serio bisogno di un rinnovamento di stile e di contenuto; aggiungasi il soggetto ben agro per un musicista monocorde come il Mascagni. Chè, invece dell'amore, ha in questo dramma il sopravvento l'odio; e il Mascagni, pur riuscendo fino ad un certo segno a far prevalere una tenue ispirazione erotica infinitamente più debole di quelle già avute nella Cavalleria e nell'Amico Fritz, non ha saputo che retoricamente creare il contrasto, l'atmosfera nemica a questo amore, l'odio.
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