Ed è naturale; chè se il Mascagni può cantare l'odio erotico, l'odio della gelosia carnale, non saprà mai, perchè troppo complesso ed estraneo alla sua natura, cantare l'odio per cupidigia, l'odio nato fra due fratelli per colpa del danaro. Anche nella scena tra Alfio e Santuzza, chissà che ad otturare la ben facile vena mascagnana non abbiano contribuito ancora la situazione e il carattere di Alfio, che al Mascagni dev'essere apparsa se non incomprensibile, certo indifferente, non trattandosi in Alfio d'una rivolta al tradimento puramente erotico, sibbene della rivolta molto più fredda e austera, la rivolta al disonore. E anche da questa via ecco che noi torniamo al semplice centro del carattere mascagnano, a questa specie di sensualità di primitivo e di meridionale di quest'uomo che non capisce di tutti i sentimenti umani che quello più popolare di tutti, l'amore. E che altro di più, in fondo in fondo, hanno sentito i maggiori a lui Ariosto e D'Annunzio e gli spiriti affini?
III.
Il Ratcliff.
È la quarta opera del Mascagni. Apparsa tre anni dopo i Rantzau, era attesa come un'affermazione più importante e più nuova dell'ingegno del Mascagni. Ma l'opera, sebbene nella scelta del soggetto sembrasse accennare a un rinnovamento del contenuto mascagnano, non segna che un aspetto un po' diverso del contenuto già noto. Si aggiunga che, se quest'opera è infinitamente più significativa dei Rantzau, un fraintendimento della propria ispirazione da parte del maestro, ha fatto sì che l'opera al teatro appaia moltissimo meno bella e importante di quello che non sia nella realtà.
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