Lo spirito si contenta d'una penombra quasi incosciente, dileguata la quale, dileguerebbe anche la passione. È questa penombra il mistero dell'amore, e questo mistero si sente indefinibile e soave in tutto questo bellissimo racconto d'amore. Così ancora una volta trionfa nell'arte mascagnana, si tratti d'un soggetto veristico o romantico, l'amore, il solito amore sensuale, sano, fresco, senza complicazioni psicologiche: e la musica di questo pezzo è piena di baci, di rose, di luminose visioni di giardini verdi e solivi, di tutta quella natura serena e prettamente italiana che riempie della sua gran pace refrigerante la Cavalleria e l'Amico Fritz. Anche gli scoppi d'odio e i propositi di vendetta di Guglielmo, tentando di colorirsi delle reboanti esclamazioni romantiche, dove non suonano a vuoto, parlano dello stesso strazio carnale, dello stesso ribrezzo della gelosia carnale, che già ispirò la melodiosa Cavalleria Rusticana.
E ancor più bello e pieno di questo sensual mistero erotico è l'intermezzo orchestrale, che ci dà, abbattuta la selva vana di retorici monologhi che lo circonda fragorosamente, il terzo atto. Nel testo dovrebbe significare una visione che Guglielmo ha al Negro Sasso nel vasto orrore della selva sconvolta dalla tempesta, ferito per la prima volta dal terzo fidanzato di Maria. In realtà è un grande sogno d'amore: un sogno stanco e doloroso come la contemplazione d'un destino che, immutabile, contrasti un amore profondo. Dei tre intermezzi mascagnani, in Italia giustamente amatissimi, questo intermezzo è il più profondo.
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