Siamo nel paese dove si canta senza sapere il perchè, diceva, credo, uno straniero a tempo della feconda polemica tra Gluckisti e Piccinnisti. E anche oggi Mascagni in linea retta italianamente discendente del Piccinni, non fa nulla di più che cantare senza sapere il perchè.
Continuiamo la nostra analisi.
La 1a rappresentazione del Silvano segue appena d'un mese quella del Ratcliff e questa nova opera di proporzioni più piccole dovrebb'essere un dramma marinaresco. Ma in realtà il mare in quest'opera, che è la più brutta delle opere del Mascagni, non è che un ridicolo mare di cartapesta, quale in certi teatri da burattini vien rappresentato con strisce di cartone dipinte e rumorosamente agitate con delle corde. Nè il dramma a cui serve di sfondo questo ridicolo oceano impagliato, ha il benchè minimo pregio drammatico. Si tratta d'un sanguinolento fattaccio recitato da fantocci senza nessuna intimità e ragion d'essere. La musica poi è un tale accozzo di frasucce o volgari o addirittura insignificanti, da non meritare quasi il conto d'esser analizzata. Il mare che pur è stato il benigno custode dell'adolescenza del maestro e a cui pur questi deve tanta salute di sangue e d'ispirazione, non gli ha dettato nessuna immagine viva. Come nel libretto il mare è un incolore luogo comune, così nella fusione del libretto e della musica esso rimane una vecchissima immagine ritmica e sonora, quale avrebbe potuto avere, sebben più fine, uno dei nostri buoni vecchi operisti sordi e ciechi a qualunque voce ed aspetto della natura.
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