V.
L'Iris.
Riccardo Wagner a proposito dell'opera italianizzante del Meyerbeer ci lasciò una deliziosa satira di tal sorta di melodramma commerciale, nel quale gli spettacoli naturali, i costumi esotici dei cori e dei personaggi, non stanno al dramma, come accidentalità necessarie; sibbene il dramma, l'azione intima dei personaggi, sta come canevaccio indifferentemente prescelto a motivare quelle esteriorità che diventano di massima importanza. Perchè Meyerbeer a un certo punto del Profeta fa sorgere il sole? non perchè ciò sia necessario al dramma, ma perchè fa più effetto. Perchè il Metastasio a volte metteva in Cina un'azione melodrammatica assolutamente anticinese? Perchè vestiti alla cinese era sicuro che i personaggi avrebbero fatto il doppio dell'effetto. Accade lo stesso per l'Iris? Ahimè! io non saprei negarlo; chè anche in questo io scorgo la filiazione diretta degli spartiti mascagnani dal passato più o meno prossimo del melodramma italiano e italianizzante. Vestire da mousmè le donne del coro e la protagonista; mettere per sfondo un paesaggio esotico di discutibile autenticità; chiamare Yoshiwara la vecchia europea maison de plaisir; insomma giapponesizzare tutto, dai capelli ai piedi dei personaggi e dalla cime dei monti alle bassure d'una fogna formicolante di cenciaiuoli che la scrutano con delle lampadine di... carta del Giappone; è certo una ricetta sicura per titillare la fantasia e gli occhi del pubblico, non che la vena del maestro. Infatti al Mascagni nessuna opera è venuta meglio orchestrata di questa, se per orchestrazione s'intenda l'agile saettìo impreveduto della bizzarria.
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