Giacchè, come ognun vede, nel simbolismo dell'Iris è lo stesso male di tanto simbolismo d'annunziano (potrei dir moderno, e anche maeterlinkiano, se non mi premesse dimostrarne l'esistenza italiana); far cascare dall'alto una verità vecchia, e cioè, una verità superata, come quelle del positivismo, che s'annidano e echeggiano in tanta arte moderna, nuova come sentimento, vecchia come credenza.
Così anche il simbolismo dell'Iris va messo accanto al suo nipponismo letterario. Esso non ha un valore molto diverso dalle vesti cinesi dei personaggi melodrammatici metastasiani. Ho detto che è un simbolismo di moda. E sotto quest'aspetto noi potremmo notare che il Mascagni segue la scuola italiana e l'orma del Verdi, che emerse in ciò, nel seguire – come molti critici hanno detto quasi una lode enorme – il volubile e mutevole gusto del pubblico; sebbene ciò, per giustizia, sia vero e non sia vero.
Ma come non credemmo al verismo e al romanticismo, così neppur crediamo al simbolismo mascagnano. Infatti la composizione, di poco distante dell'Iris, delle Maschere e dell'Amica, ci conferma pienamente nella nostra opinione. Nè starò a ripetere quel che dissi per la Cavalleria: che, cioè, anche questo simbolismo è uno dei tanti tardivi contraccolpi, che i movimenti della grande vita artistica europea generano nei sostrati ciechi della vita cinese del mondo musicale. Si potrebbe osservare anche qui che al momento in cui l'ingegno del Mascagni, pronubo l'Illica, si sposava al vuoto simbolismo promulgato in Italia dal D'Annunzio, già nella stessa Italia era nata l'alba del giorno, che da quel simbolismo insincero, oltre che errato esteticamente, ci doveva redimere.
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