Ma la musica mascagnana di tutto difetterà fuorchè di salute. La melodia che mugolano le guechas nella penombra calda che circonda Iris dormente, è incantevole per il buon aroma meridionale sano ed asciutto che contiene. È una nenia blanda, che fa sognare a non so quali ombre di giardini sonnolenti nelle canicole mediterranee. Come pure niente di sadico ha la melodia che sottolinea lo sguardo di voluttuoso desiderio con cui il leggero amore di Osaka fascia il sonno giovanile di Iris sotto il velo versicolore. E quali belle melodie espansive non sgorgano dalle labbra di Osaka ridivenuto, per un momento, veramente giovane dinanzi a tanta grazia d'adolescenza! Ma ben altro occhio e ben altro cuore ci vorrebbe per capire Iris; non un Osaka, il quale sospetta sì che in Iris ci sia un'anima, ma non arriva a misurare quanto bella e ingenua sia quest'anima, troppo avendolo da essa distanziato la continua infecondità del piacere. O forse piuttosto per capire la divina bontà di Iris ci vorrebbe la candida penetrazione d'un buon adolescente plebeo, che venisse a parlar con lei di soppiatto, dietro il giardinetto minuscolo, quando fosse giunto il tempo dell'amore e per l'uno e per l'altra. Ma per Iris il tempo d'amare non è giunto ancora. Sforzarla all'amore è una viltà di quelle, a cui la natura pone più che può le sue sacre barriere insormontabili. Iris così non capisce ciò che Osaka vuole, e risponde al giovane seduttore infantilmente, chiamandolo «figlio del Sole»; infantilmente si spaventa nella sua religiosità al nome che Osaka impudente si dà come un magnifico titolo: il piacere.
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