Ma la frantumazione della tecnica beethoveniana, accanto alla corrente wagneriana, produsse, minore e men facile ad essere seguita, anche perchè più sincera e meno consona al gusto di frenetica violenza che impera nell'arte moderna, un'altra corrente: la corrente schumanniana. Non meno ricca di elementi di degenerazione e di decadenza, l'arte dello Schumann dalla severa virilità beethoveniana si allontana non allo stesso modo con cui vi si allontana l'arte wagneriana. Se questa trova lo specifico per la guarigione a un'ansia da nevrastenici nel misticismo, quella trova non uno specifico, sibbene, e più naturalmente, un'accettazione ironica sentimentale di tale ansia nell'umorismo. Il movente è lo stesso: l'insofferenza d'una vita resa insopportabile da una mancanza di vera moralità che ne razionalizzi eroicamente le feroci contorsioni contradittorie. Ma Wagner ci insegna misticamente che bisogna dissolversi nella contemplazione del mistero, lo Schumann, in fondo in fondo, si comporta dinanzi alla «corrottissima decrepitezza» della sua povera vita come, certo con maggiore ingegno, Heine. In che si distinguono queste due correnti tecniche dell'orchestrica e moderna? Non mi è in animo sprecare spazio e tempo per un'analisi che riuscirebbe poi incompleta, occorrendo a tale genere di ricerche e di confronti volumi interi e preparazioni laboriose. Mi limiterò a suggerire a chi non abbia mai pensato un simile confronto, come la tecnica wagneriana differisca dalla tecnica schumanniana nell'essere – la prima frutto d'un rigido complicato sistema e quindi nel resultato poco elastica e monotona; – la seconda molto più libera snella e leggiera.
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