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      Ma per un altro aspetto l'armonia dell'Iris è importante. Ho già detto che nel Mascagni – e dovrei dire: nella parte vitale dell'opera mascagnana – trionfa un latino equilibrio tra il diatonismo e il cromatismo. Se non che se il cromatismo per sua natura è, per così dire, immutabile, non potendo mai modificarsi la scala cromatica, essendo ormai quasi direi impietrita nella tastiera degli strumenti, il diatonismo può continuamente cangiare, potendosi a piacere – certo non ad arbitrio – mutare nella serie cromatica dei semitoni la posizione dei toni formanti una scala diatonica. Così se le vecchie scale diatoniche erano: do, re, mi, fa, sol, la, si, e do, re, mi b, fa, sol, la b, si, è naturale che, le scale diatoniche oggi in cui l'orecchio è stato reso più sottile ed acuto dal cromatismo, si moltiplichino in un modo prima insospettato. In altre parole dal caotico oceano del cromatismo frenetico della musica modernissima, sta per emergere un nuovo diatonismo, non limitato a due scale solamente, come avvenne da Bach a Wagner, ma aperto a innumerevoli novissime combinazioni. Il senso tonale trasformato se non perfezionato dovrà condurre di nuovo la musica a un ordine, complesso sì, ma limpido e ben equilibrato, contro al quale sembrano adoprarsi pazzescamente le oziose ricerche armoniche di tanta musica modernissima. Se la vecchia determinazione «melodia» può ancora avere un significato, non contrapposto insulsamente ad armonia, ma da questa rampollante, è precisamente in relazione col nuovo diatonismo, come del resto anche prima era in relazione con l'antico diatonismo; e cioè melodia vorrà dire linea sonora passante per i toni (meglio i gradi) dei nuovi modi diatonici emergenti dal disfacimento del cromatismo post-wagneriano.


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Pietro Mascagni
di Giannotto Bastianelli
Ricciardi Napoli
1910 pagine 103

   





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