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      Che devo farci? Scrivere un altro libro sopra Debussy e Strauss, con il qual libro certo completerei ed esaurirei la mia critica sopra la musica contemporanea? Ciò potrò anche farlo. Per ora basti a quei pochissimi che m'abbiano letto con «eros», il vedere in iscorcio quello che potrebbe essere l'ossatura del libro futuro, di cui, in fondo, questo sul Mascagni non sarebbe che un libro complementare».
      L'arte modernissima a cominciare dal Wagner per finire al d'Annunzio ha in sè un elemento estra estetico, che io chiamerei una specie di stimolo alla vita, o una specie di nepente per dimenticarla. Tale arte è generalmente fatta da e per uomini deboli, stanchi, irrimediabilmente sciupati. I loro spiriti invece di volere dall'artista una visione e una contemplazione, esigono quasi un'eccitazione, un'ubbriacatura, sia pure d'indole assolutamente cerebrale.
      Gli artisti che soddisfano questa innumerevole famiglia di debilitati – si pensi ai pubblici decadenti dei massimi teatri europei – si possono così dividere in due grandi categorie: spiriti idillici – un pò nel senso desanctissiano19 – che vanno cercando una gocciolina di freschezza e d'ingenuità analoga alla pastoralità del secento, e colorando tale nostalgica freschezza della loro melanconia spesso ironica, ad es: tra gli italiani, Guido Gozzano, tra gli stranieri, Claude Debussy. Oppure, spiriti dionisiaci – un pò nel senso nietzschano – che cercano nascondere la rovina su cui danzano al ritmo della loro povera follia con un rabbioso furore di baccanale.


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Pietro Mascagni
di Giannotto Bastianelli
Ricciardi Napoli
1910 pagine 103

   





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