Arido è il tempo e aride le ragioni del tempo: beato chi s'inebria una volta nella sua vita! vien per tutti necessariamente e troppo presto la stagione che la mente vede più chiaro le cose del mondo nei loro rapporti relativi e proporzionali, ma è sempre un giorno triste quando si scopre il primo capello bianco. Il Bazzero non ebbe il tempo di affilare la sua filosofa fino a farne uno strumento di morte contro sè stesso; e morì prima che la critica di sè corrodesse la sua abbondante spontaneità. Storia e filosofia sono ancora in lui, come nel primo stadio della civiltà, allo stato poetico. Egli non seppe mai, come i modernissimi scrittori fanno, rendersi il minuto conto dell'opera propria e calcolare la quantità degli elementi che entravano a comporre il suo ideale, farne dei prospetti, rintracciarne la derivazione, pesare a piccole dosi la produzione chimica del proprio pensiero.
Le Corrispondenze segnano un passo dalla poesia colorita alla poesia del disegno. Sono meno abbaglianti degli Acquerelli, ma più consistenti. L'impressione va perdendo alcun poco della sua vaporosità per concretarsi in un corpo. Ci sono ancora i prediletti sfondi, i mari trasparenti e celesti, le vastità fantastiche, ma uomini e cose cominciano insieme a farsi avanti e a tenere il campo del quadro. La realtà viene incontro e lo scrittore dopo averla accolta con giovanile trasporto, la segue, la insegue, la trova,
È da alcuni tratti di queste Corrispondenze che si vede ancor meglio quello che il Bazzero avrebbe potuto scrivere al volgere del suo trentesimo anno, quando placato il torbido senso giovanile, fosse venuto alla vita nella chiarezza d'un sentimento più riposato.
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