... Alla mia immaginazione la chiesicciuola mi schiudeva le porte: vedevo il battisterio polveroso, giù le lastre delle tombe, le madonne, i seggioloni, gli stinchi dei poveri morti, la luce che scendeva dalle vetriere a tramontana: ed io sedevo su un gradino dell'altare; l'altro gradino non era deserto, ma sparso di petali di fiori.... Che v'era accaduto? Mi pareva che il ronzìo dell'organo, come un calabrone s'aggirasse alle volte cercando un'uscita. La villa mi invitava ai giardini, ai prati, ai sedili, alle aiuole, alle scalee di marmo. E quanto belle erano le bianche anticamere, le fresche sale, i terrazzi inondati di luce! E dappertutto mi giungeva una fragranza di rose e di donna, e un lontano murmure di poesia, triste nella dolcezza, come la memoria o il presentimento di un sogno. Mi trovavo dunque felice, e perchè?... Il fiume mi mostrava nel suo fondo le vene rosee e candide di ghiaia, i tappeti di sabbia, i guanciali di alghe, e sulle rive i campi, i paesi, i mulini: e su e su, a ritroso della corrente, io volevo andare alle scaturigini: e là volevo piangere. Mi trovavo dunque infelice, e perchè? Ma l'acque fragorose dicevano; - Che sono le tue lagrime per il corso nostro? Noi andiamo al mare. - Il seno, che il fiume lasciava a uno svolto, aveva le sponde tranquille e le campanule tremolanti alla superficie: una fanciulla sorridendo si specchiava nell'acqua, ma le ondine gorgoglianti dicevano: - Che è l'azzurro de' tuoi occhi per la faccia nostra? Noi riflettiamo il cielo.
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