Ho dimenticato qualcosa pel mio professore dagli occhiali d'oro, che mi tiene la sua santa mano in capo?
No: il latino c'è: Bruto che scrive a Cicerone, parlando dei Vada Sabatiorum: "Constitit nusquam prius quam ad Vada veniret, quem locum volo tibi esse notum. Iacet inter Apenninum et Alpes impeditissimus ad iter faciendum."
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La costa di Vado mi appare arsiccia. Sotto quest'ora prossima al meriggio, tra i visacci bruni che popolano l'omnibus (tutti visacci!), sporgendo il capo da una finestretta, nel polverone, vedo qualche palma che si allunga e si strataglia sulle nubi focate, sorgendo tra mezzo a casette calcinate dal sole, e poi nelle lande ferrugigne qua e là delle grandi fornaci che mi sembrano moschee, dadi stracotti col cupolone di creta. In fondo, alla spiaggia, i colori più caldi sono come ruvidamente tagliati fuori dal quadro da una spranga di turchino buio, azzuolo, più che azzuolo, dal mare che a st'ora addensa un colorone, quale non è su alcuna tavolozza.
Davanti a questo spettacolo non c'è pace, non c'è ammirazione.
No: l'anima mia s'ammala di desideri, e, ferventissima e impotentissima, ribolle e si spossa d'inutili sogni. O mare! o cielo! o sole! E voi, Aquiloni della Grecia, Marôut dell'India, Keroubim della Giudea! O vento del Gulf Stream, vento elettrico del Giappone, vento dell'equatore, pampero del Chilì, harmattan dei Cafri! Mare, dove ti perdi? Tu, cielo, quanti dii alberghi, all'insegna del sole, delle stelle e della luna piena?
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