Requiem immensam dona mihi, Mare....
FIABA.
A volte mi sento piccino, buono, umile, senza più una frasca d'osteriaccia alla fronte che di me faccia la parodia di un poeta, senza più i miei vocabolarioni da cui combino le parole per bruttare la carta, senza più quelle vane vesciche che mi appiccico per galleggiare. Mi sento piccino: mi basterebbe un gusciolo di conchiglia, color madreperla, coi bordi occhiuti, per nicchiarmi e fluttuare.... senza abbattermi nella cassa, e nella tartana dell'amore.... Va e va e va!... Addio!... Nessuno risponderebbe. Oh quale felicità! Il nulla, il deserto, l'infecondità.
Se mi cambiassi in una perla! Se venissi a posare sul seno di una dama, non al collo dell'ondina che non c'è.... - Ecco un pensiero che ci tenta anche moribondi! Poserei pure.... T'amo! T'amo!... Nessuno risponderebbe. Sentirei i palpiti di quel cuore: - i fiotti del nulla, del deserto, dell'infecondità.
VERA PACE.
Sii buono, - m'aveva detto la mia povera mamma, quand'io credevo a lei, e solo a lei.
S'io fossi stato buono, avessi baciato i bimbi, amato i poverelli e i fiori, e nel mio studiolo conservato il profumo della mia santa, senz'altro amore, senza ambizione, senza tormento, vedendo la morte lontana lontana, avrei dischiuso la mia porta alla mamma.... che veniva a casa, offrendomi una fanciulla che sapeva pregare.... E avrei vissuto. Ecco la vera pace.
Nella cassa da morto avrei sepolto tutti i libri: e la perla l'avrei gemmata in un anello che stringesse forte.... Ma non sì forte come le mie labbra quando baciano.
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Mare
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