E narrerei: - Venite al porto. Io ho veduto le venerande galee, i galioni, le galiazze, le galeotte, le cetee, i taridi, i panfili, le vacchette, le borbotte, i golabi, le gatte, le cocche, le saettìe, i portantini, gli uscieri, le flotte di quei genovesi che ghermirono la Corsica, la Capraia, la Gorgona, Tunisi e Minorca, Almeria, Tortosa; navigatori e guerrieri, i ghibellini contro Carlo, i guelfi che preferirono lo esiglio al pane dato dai vincitori, i sostegni del seggio bizantino, i mercatanti da Ceuta al mar Libico, all'Egizio, al Sinaco, al Panfilio, al Lido, all'Arcipelago.
E inviterei: - Moviamo al tempio di san Matteo, monumento de' Doria, al san Donato dalla torre costantinopolitana: a san Tomaso, al san Marco col Veneto lione, che rugge ancora coll'ultimo lamento di Andrea Dandolo, il suicida di Curzola memoranda; che freme ancora all'invisibile sogghigno trionfale di Pagano Doria trascinante dalla poppa della galea capitana lo stendardo de' Veneziani. Andiamo al Campo Pisano: ivi i tredicimila prigionieri fatti alla Meloria cainesca e le larve disperatissime dei tremila uccisi fecero ringhiare il proverbio tremendo: - Chi vuol veder Pisa vada a Genova - : i catenoni del porto della rivale furono tagliati a pezzi, perchè potessero essere appesi qua e là per le piazze e le vie della trionfatrice: inventore di questa vendetta luciferina Niceto Chiarli re delle incudi: e per lui i fabbri, devoti alle balestre, alle bombarde, alle pignatte di fuoco lavorato, ascoltavano in Santo Sisto un'annua messa di suffragio.
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