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      O Genova! o Genova! Chi può mai descrivere i tuoi palazzi di via Balbi, della Nunziata, della Nuova o della Nuovissima, e le casette a otto piani nelle strettucce che sembrano scolatoi al mare? Chi ti dirà il nobile effluvio dei cedri e il plebeo fetore del baccalà; la splendida pace dei pensili orti e l'arrabattarsi lucroso nel porto: la vita opulentemente stanca nelle sale d'ozio e la insaziabile voluttà della marmaglia saettata dal sole: la bianca melanconia degli atri, degli scaloni, delle corti solitarie e l'immensa gazzarra delle mille navi? Chi dirà, in qual reggia, in qual sala dipinta da Guercino, Van Dik e Bubens, cento cavalieri e quaranta dame furono convitati magnificentissimamente, serviti con piatti d'argento e d'oro, e i piatti ammucchiati a formare tante colonne fino alla volta: e chi descriverà la cena del pollivendolo, il tozzo rosicchiato, sotto l'incarco d'una gabbiona pidocchiosa e insudiciata?
      Ma da che parte si deve incominciare?
      - Venturi non immemor ævi - Sibi et Urbi - è scritto sui potenti fastigi: Lodovico XII diceva ai patrizi di San Giorgio: "Voi siete meglio alloggiati di me:" e lo dicevano Carlo V e Filippo II. Genova è la città dei palazzi: vi architettarono l'Alessi, il Lurago, il Vannone, il Bianco: vi pinsero il Calvi, il Semini, il Cambias, il Tavarone, il Fiasella, i Carloni, l'Ansaldi.
      Le facciate sono incrostate di marmi o coperte di freschi mitologici, storici; le colonne di bianco Carrara o i pilastri di cupe bozze sorreggono gli architravi stemmati delle porte maestre; le cornici, le statue, le balaustre, gli scudi, i timpani, le piramidette, i festoni, i bassorilievi, i loggiati, le inferriate sporgenti, con forte armonia s'intonano alle linee del quadro, dovuto alla scuola di Michelangiolo e del Bernino: una intera via, due, tre, quattro.


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Storia di un'anima
di Ambrogio Bazzero
Fratelli Treves Milano
1885 pagine 355

   





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