- È finito: il morto viaggia al cimitero. All'indomani tutto sarà come prima, come un mese fa, come un anno fa: ognuno ripiglierà il suo posto impossibile che possa essere altrimenti.... O Dio! il posto vuoto è divenuto un altare, e noi aspettiamo lui o lei che aspetta noi!
Fede abbiamo ogni giorno: ma quando sommeremo gli anni agli anni, tristissima desolazione sarà quella di accorgerci che ricordiamo un nome ai figli, o ai figli dei figli, che la vicenda della vita fu varia, che il tempo, il quale raschia le iscrizioni sulle croci di cimitero, cala e cala le sue nebbie nell'anima nostra! E noi giurammo eterno il dolore!... Nevicò tanti inverni in camposanto!... I figli avranno figli ancora, e avranno nipoti!... Nevicherà tanti inverni in camposanto!... E noi? O giovani, noi saremo su un seggiolone, scongiurando la morte che ne stia lontana, o giù tra le quattr'assi nell'eterno buio. E voi, o fanciulle, che leggete sorridendo, avrete fatto portare l'inginocchiatoio di penitenza nella parrocchia e più vicino ogni dì al confessionale e all'altare delle sette indulgenze, o basso giacerete colle mani in croce. Se avremo figli, noi dagli occhi di quelli, quando ci si stringeranno attorno, domandando: - State bène? - noi attingeremo gli sbiaditi ricordi di pianti e di sorrisi, e ci interrogheremo sconfortati: E noi giurammo eterno il dolore? - Se avremo figli, essi verranno sulla nostra fossa e prometteranno di venire sempre: ohimè! pongano una croce di legno: è l'immagine più vera del dolore: essa perde il nome, si tarla, si sfianca, cade, e serve a cuocere la cena alla famiglia del becchino.
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Dio Nevicherà
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