Dà la colpa a lei, m'interrompe la lettura e mi conduce a passeggiare.
A rivederci adunque.
LAURA.
II.
Oropa, 23 luglio 1874,
Amica,
Scrivere questa lettera è per me un peccatuccio che mi punge la coscienza. Difatti, lodare i monti, l'aria freschissima, l'acqua salutare, la vita montana, a chi proprio non vede che i muraglioni soffocanti di una città, e spalanca le labbra, invano supplicando al giardino del caffè Cova un alito di vento ossigenato e una tazza sudata di acqua ristoratrice, lodare, dico, ciò che io gusto e altri invidia con troppo ardore, non mi pare una bella cosa. Ma dunque dovrei tacere? No, certo: e tu non vuoi perchè mi stuzzichi con lettere nelle quali paiono messi giù da te apposta i termini di paragone fra le mie giornate e le tue. La colpa è a metà: bada che dico alla mia coscienza di mettersi tranquilla, e intingo la penna.
Da due settimane sono a Oropa, e per quanto abbia pensato a riscriverti, davvero non mi ci sono mai decisa, non sapendo come incominciare le mie descrizioni. Se ti dicessi le giornate tali quali sono, farei un guazzabuglio da spaventarti: capisco che bisogna mettere ordine.
Penso e ripenso.... Pure non so raccogliere le idee principali, e a queste subordinare le secondarie: sai, gli schizzi che ho fatto colla matita mi guastarono anche la penna.
Come mi sbrigo? Fa conto ch'io abbia tra le mani il tuo albo e sbizzarrisca di foglietto in foglietto.
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* *
Sappi dunque, amica cara, che al mattino non mi sveglierebbero punto i canti delle falciatrici di fieno, nè il rumore delle scarpacce dei pastori, né il muggito delle acque cadenti.
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Cova Oropa
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