Col piede si schivano i rigagnoletti, danno stringicore i fiori che dondolano all'ondina piangente, ci fanno abbrividire i pratelli irrugiadati. Il cielo s'è schiarito ancor più: come? quando? Su un estremo picco la luce del sole ha dipinto una pezza di rosso-carminio. È il mattino: con questa parola si dice tutto! Già canta un fringuello. Camminiamo, su, su! Sotto ai faggi dalle cortecce lucenti e dalle foglie ovate, sugli scheggioni, di qua, di là, per le breccie dei macigni e sulle schiene, poi sui pendii sparsi di massi rotolati e d'altri conficcati, poi sui sentieruzzi teneri, spolverizzati di squamucce d'argento, tra le selvette fresche di felci, si cammina e si cammina.... Il sole scappa giù ampio e gaio: fra poco ci coloriremo a' suoi raggi.... Siamo all'alp. È una cascina di pietre ammucchiate, col tetto di lastre micacee, col fienile, la stalla, la fontana che trabocca dal tubo di legno: il sentiero fangoso, puzzolente, trito da cento unghie, accompagna ai pascoli, alle grotte sotto cui hanno dormito le capre, fra gli enormi massi vellutati d'efflorescenze verdicce. All'alp si beve il latte nella biella, nella cucina affumicata, sui trespoli, tra le fascine, i secchi gialli e le macchiette dei vecchi pastori in calze groppose, e quelle dei bimbi seminudi: le ragazze corrono alla fontana. Una sola finestra scaccia il fumo e fa entrare la luce: chi non vede un pezzo di montagna festante al sole, da quella balestriera livida, angolosa, abbruciata e slavata! Chi non sente sotto, dalle fessure del pavimento di legno, le vacche agitare i collaracci e magari il latte schizzare con suono acuto nel vaso di rame della massaia!
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