La sacristia risponde alla chiesetta del convento, ed è, com'essa, bella, elegante, colle linee graziose dell'arte risorta. In un andito si vede in bassorilievo l'arcigno e potentissimo Lione di San Marco; e due marmi a rozze figure del disperso sepolcro d'Alberto (1095).
Confesso: in tutti i luoghi percorsi non ho avuto un pensiero che fosse mio, proprio mio, sempre frastornato da traffici moderni.
Ma c'è nel convento un angolo romito, dal quale l'occhio, posandosi sul verde de' monti o sul cielo di crepuscolo o sulle abbandonate aiuole di un orticello, chiama e richiama dall'Ignoto il seducente bianco fantasma della meditazione: e la Poesia induce nell'anima la dolcezza dell'assopimento.
C'è un loggiato dove vorrei la mia sosta tranquilla. Un portichetto, a quattro o cinque colonne, sporge sul melanconico terrazzo: l'erba cresce sui sentieruzzi, segnati solo da qualche gentile orma di piede piccino che va ad una siepe di lamponi: un fusto di colonnina col capitello sorge a vetustissima memoria: una vasca d'acqua nel bacino immoto e nerastro riflette le foglione di una zucca: i ragni tessono i loro fili d'argento. Di fronte il Canto, a monotoni castagni: lì basso biancheggia, con dolcissimo fascino, la quieta e rolonda cappella per la Pace: di fianco si allarga la valle, e il bagliore dorato di un tramonto di settembre involge lutto in un amplissimo velo da fata...
Come lo ricordo!
Vorrei un seggiolone a grandi borchie, colla pelle che s'accartoccia a lasciar sfuggire l'imbottitura, vorrei un coroncione da frate sul dossale, e un arazzo a' piedi, e un liuto con una corda spezzata, e due fiori appassiti.
| |
Lione San Marco Alberto Ignoto Poesia Canto Pace
|