San Bernardo, capo dell'abbazia di Clairvaux nella Sciampagna, venuto in Lombardia, e fondato in questo luogo l'abbazia e il monastero dei cistercensi, l'intitolò Chiaravalle, per amor di ricordo. Chiaravalle, favorito dalle famiglie milanesi, illustrato dalla virtù e dal sapere dei monaci, crebbe di fama e di ricchezza: molti cospicui personaggi venivano a visitarlo: Ottone Visconti vi morì.
Al giorno d'oggi, camminando sulla strada, che fiancheggiata da due placide acque, conduce ad una porta austera, il visitatore ha l'occhio triste e l'anima triste. La campagna intorno è silente e spopolata: le mura dell'edificio, dove rovinate, dove salde, dove rifatte, sono come le pagine di un libro di storia. Mute, vi narrano una verità. - Che cos'è il tempo!
Vi furono giorni in cui il potentissimo abate, collo stendardo della cicogna, scendeva alle soglie imponenti dell'abbazia, fra la sua corte fastosa, arbitro delle liti tra popolani e nobili, fra paese e paese, scendeva a ricevere una comitiva guerresca od ossequente; e i monaci, sui vasti dominii, sulle settantamila pertiche, si spargevano, fratelli di preghiera e di lavoro, ad una nuova opera, asciugando i paduli, guidando le acque, applicandole all'utile, creando il sistema lombardo delle marcite; e i reggenti di Milano venivano agli altari recando i diplomi dei frequentissimi privilegi; e i vecchierelli sotto il saio vegliavano sui libri o cantavano nel coro, o sfilavano al cimitero. La Guglielmina boema vi dormì poco sonno di morte.
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