Il cuore si ribella alla morte.
Triste è lo sguardo che danno le sante screpolate degli affreschi; triste la polvere fredda che s'adagia sugli stalli del coro; triste il tremolo ardore delle lampadette nella grande solitudine: tristissima la pace che il tempo ha fatto intorno a noi. Luino, l'angelico, ha dipinto: l'ottimo Garavaglia ha intagliato: altri molti hanno lavorato e vi giacciono nell'oblio; san Bernardo un giorno arse di zelo e fu una fiaccola. Ma oggidì?
È santo quel sorriso che ci fa buoni e mesti: è salutare quella polvere che noi solleviamo, galoppando audaci, sul nostro cammino; chiamo luce quella che illumina l'anima, come i lampi. Più e più nei luoghi austeri l'estro si accende, e si figge all'ideale. La pace? Prima vogliamo la battaglia.
In fondo al coro vi è una porticella che mette al cimitero: è un luogo raccolto, circondato da un muricciuolo che lega le une alle altre tante cappelle mortuarie, ad arco, uniformi, severe, segnate solo da qualche avanzo di pittura o di epigrafe: qui i nomi di Pagano e Martino Torriano, dei Novati, dei Piola, degli Archinti. Un'unica crocetta nel mezzo compendia tanti nomi, tante grandezze, tanto oblio, in tanta pace, Qui venne con onorevole scorta armata sepolta la Guglielmina, nel secolo XIII, la famosa fondatrice della setta dei Guglielmiti, la quale pretendeva d'essere papessa, e più: qui fu venerata con feste, lampade, devozioni: di qui fu dissepolta e trasportata a Milano sulla piazza della Vetra, per essere abbruciata e vituperata co' seguaci suoi.
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