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      Taceva lei per delle settimane: ma susurrava qualche servo del morto padrone che quel malore che le rodeva l'ossa era come, che so io, come uno struggimento per una grande passione ambiziosa insoddisfatta: e che il marito non aveva voluto un certo dì ch'ella seguisse re Carlo II (Dio lo riposi) a una caccia presso la Bellingera e che il futuro marchese, il primogenito Asdrubale, fosse già stato promesso ad una principessina madrilena che non era nata...
      Basta: in una sera di Natale, in quel lettone, quella madre... (madre la direte?)... quella squallida ammalata, moriva rassegnatissima, togliendosi dall'anulare un anello coi cinque suggelli dei cinque feudi della famiglia, e ponendolo sull'indice del suo primogenito: con una carta piena di ghirigori istituiva il maggiorasco: al marchese Asdrubale ordinava la seppellissero nel palazzo, e fissava le libbre milanesi della cera: a donna Ines e a don Apollonio raccomandava, loro vita natural durante, di pregare per lei... che era morta.
      E il rampichino salticchia verso un crocefisso. Nella seconda sala ancora le pareti bianche, il soppalco colle stesse dipinture, intorno allo zoccolo di finto Belgiazzo, due tavoli dorati a gambe di capra, e trentadue seggiole coperte della solita bazzana con una Venere allo specchio, e nell'alcova con una santa gesuitesca in marmo nero, ai piedi di un lettone, come il primo, una seggioletta impagliata, e un inginocchiatoio col grande crocefisso.
      Lì, o uccellino, non è mai sonata una parola di speranza.


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Storia di un'anima
di Ambrogio Bazzero
Fratelli Treves Milano
1885 pagine 355

   





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