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      E, solissimo, m'ero dilungato fino ad una siepe d'ortaglia verso un bastione, e poi ad un corso remoto, e poi ai due pilastri di un ossario suburbano.
      M'ero chiuso nel mio studiolo: avevo nel fosco del crepuscolo acceso il lume, e cercavo la mia chiave per deporre in un cofanetto antico un lungo guanto a bracciale che odorava di serpente.
      Spensi il lume, e, arrovesciatomi sul letto, volli dormire.
      Mi volgevo a destra, mi volgevo a sinistra, mi soffocavo contro i guanciali....
      Veniva sempre a ferirmi l'orecchio un canto acuto, sonoro, biblico, il canto di un gallo. E dal fondo delle mie memorie, di là dalle mie campagne innocenti, dai primi anni delle mie malattie religiose, ascoltavo come una voce che diceva; - Sei tu? Ricordi le caste mattine primaverili, e l'ultima stella della notte, e il tuo primo pensiero? e la tua prima preghiera?
      E mi giungeva all'occhio un chiarore lontano lontano, quasi mistico, in cui si movevano cento figure bianche di ragazze e di monache, e stava fisso un crocione con un'àncora, e genuflessa, come in purissimo tormento, una fanciulla che guardava e che vedeva Iddio.
      E mi pareva d'essere in un vasto campo seminato di croci e di fiori, ed io non cercavo nessuna croce e non avevo nessun fiore. Una vecchia, una vecchia mendicante, mi diceva: - Pregate pei morti. - Oh morto mi sentivo io! perchè nell'anima avevo il gran gelo dell'oblìo! E, volgendomi alla terra, supplicavo: - Ditemi voi! Voi siete ben più felici di noi, quando siete ricordati!
      E allora mi alzavo dalle coltri, e rompevo la serratura di quel cofanetto antico, per gettarmi sulle mie memorie, per sapere proprio che un dì avevo pianto anch'io, e avevo sperato e avevo creduto!


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Storia di un'anima
di Ambrogio Bazzero
Fratelli Treves Milano
1885 pagine 355

   





Iddio Sei