Sempre più avanzandosi indicarono a destra Bellano, già celebre per l'orrido che gli stava vicino, e che da pochi anni dirupatosi perdette tutta la maestà del suo orrendo aspetto. Passato il promontorio di Dervio, scórsero le antiche ruinose mura del forte di Rezzonico, la vecchia torre di Corenno, e più inoltrandosi mirarono attentamente i pochi avanzi del castello sopra Musso, della cui guerra faceasi cenno nel titolo del racconto storico; quindi Dongo in un seno, e per ultimo il biancheggiante castello di Gravedona, presso alla quale sta Domaso, innanzi a cui la barca a vapore venne a fermarsi. Dopo non lunga posa quella barca virò di bordo e s'avviò colla stessa rapidità al ritorno.
Un lauto pranzo che si protrasse in lungo, il conversare, il rimirare di nuovo tutti i punti più belli e rimarchevoli delle sponde, non lasciarono mai alla Contessina rinvenire un momento da dare alla lettura del manoscritto consegnatole da don Annibale, nè, ritornata che fu alla sua villa del Lambro, il che avvenne il giorno seguente di buon mattino come avea voluto il Conte, potè ritrovar tempo da leggerlo sinchè ivi rimase il Marchesino. Partito però che questi si fu, s'occupò di quel libro sbadatamente da prima, poscia con attenzione; e rendendolo a don Annibale, lo accertò che quella lettura le era riuscita in più parti interessante in modo da farle desiderare di poter gire un'altra volta sul lago di Como per visitare molti luoghi di cui teneva poetica impressione nello spirito, derivatale dalle narrazioni contenute in quel libro.
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