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      Esse si rialzarono fatte tranquille, e s'assisero presso una rozza tavola, la madre prendendo la conocchia e la figlia ritornando al lavoro dell'ago nella vela; tenendo ragionamenti che non aveano per iscopo che la tempesta, i soldati di Como e il ritorno di Falco.
      Erano da alcun tempo così al discorrere ed al lavorare pacatamente occupate, quando il vento ricominciò ad incalzare con violenza, le folgori a splendere e il tuono a rimbombare rumoroso. Esse abbandonarono le loro opere tratte in agitazione da quel nuovo eccitarsi della bufera, e stavano in grande attenzione, quando fra l'uno e l'altro scoppio di tuono giunse al loro orecchio un suono di voci gridanti sul lago. Rina era per parlare; ma Orsola, fatta immobile ad ascoltare, le accennò colla mano tacesse, e s'udì in quel mentre un colpo d'archibugio, il cui rumore, che veniva dalla parte istessa delle voci, rimbombò pei monti e fu coperto dallo strepito del tuono.
      Che stia Falco in periglio? esclamò Orsola con crescente agitamento. Che abbia con quello sparo chiamato soccorso alle barche di Nesso? Accendi una facella, o Rina, ed esci meco, chè se è desso, ora che si trova in queste acque potrà vederne dall'alto il lume e averne una guida
      . Rina accese una face, ch'era un fascetto d'arbusti resinosi legati insieme, di cui i montanari si servono a modo di torchia, e seguì la madre che, spalancata la porta, s'era appostata sull'orlo del piano che stava innanzi a quell'abituro da cui la rupe calava a picco nel lago. Il vento soffiava loro di contro impetuosissimo e respingeva la fiamma della facella attenuandone il lume; innanzi ad esse erano foltissime le tenebre, nero il cielo, e tutto nero alla vista.


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Falco della rupe o la guerra di musso
di Giambattista Bazzoni
Ant. Fort. Stella e figli
1829 pagine 359

   





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