Gabriele, abbenchè si fosse assiso al suo fianco, poca attenzione porgeva allo sfoggio di dottrine Blasoniche che desso veniva facendo applicandole all'interpretazione di quello stemma; la sua mente era tutta occupata di Rina, verso cui li suoi occhi si volgevano incessantemente, poichè, si stesse seduta, o fosse essa in moto, dispiegava per lui sì nuove e dolci attrattive, che i passi, la voce, le attitudini tutte di lei si stampavano nel più addentro del suo cuore. Rina però ratteneva contegnosa i proprii sguardi, onde pochissime fiate venne dato al giovinetto Medici d'affisarne le nerissime pupille, e nessuna di quelle rare volte la rimirò senza vivamente arrossire, senza provarne un palpito più vibrato, e sentirsi nel tempo medesimo divampare d'ardentissima fiamma.
Messer Tanaglia, dopo aver contemplati a lungo gli emblemi trapunti: "La cosa, esclamò tutto giulivo, è chiara come il sole: quegli che portava l'armatura coperta da questo stemma era un Conte: ce lo dice evidentemente la corona che sormonta lo scudo: ecco il cerchio d'oro col rialzo di sedici punte con altrettante perle sovrapposte: questa è corona Comitis, come scrissero tutti gli autori. Lo scudo ovale spaccato in due campi bianco e verde, senza quarti, indica non essere desso del genere delle armi Pure di Parentado o d'Origine, ma bensì delle Agalmoniche, ossia Parlanti, cioè allusive al cognome di famiglia; e vedete appunto che il cognome lo troviamo espresso in questo pozzo delineato sul campo bianco, colore più nobile del verde, su cui sta all'incontro dipinto un pesce, col quale ci viene indicato che la famiglia ha dominio sulle acque.
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