Spuntava intanto lambendo gli scogli della sponda l'aspettato navicello che Trincone e Guazzo conducevano remigando. Quel debole raggio di sole che aveva salutato il giorno era sparito, fosca cresceva la sera, e nubi di bigio colore occupando tutto il cielo posavano sulle sommità dei monti. Veduta la barca Falco affrettò alla discesa i due ospiti, onde trarre vantaggio di quel barlume vespertino, strinse la mano alla moglie, diede un bacio alla figlia e scese pel primo il dirupato sentiero. Maestro Lucio poco frettolosamente il seguiva a causa del torrente, il cui rumoreggiare gli tonava ancora all'orecchio; e dal cader nel quale si assecurava piantando il piede con somma cautela sul sasso: tal lentezza agio porgeva a Gabriele, che gli veniva d'appresso, di soffermarsi ad ogni rivolto della strada a riguardare in su al piano dell'abituro, sull'orlo del quale stavano Orsola e Rina, di cui però discernevansi appena le forme.
Giunti in fondo alla rupe, sulle sabbie della riva, presso la quale Guazzo e Trincone aveano condotto il navicello, entrarono in esso, e dopo che Falco s'ebbe assicurato che erano stati posti gli archibugi e i coltelli nel cassone, collocato su quello il suo moschetto, ordinò si spingessero al largo. Allontanati che si furono un mezzo trar di balestra, si fece loro udir da lontano un canto misurato in coro. "Tieni qui ferma la barca, disse tosto Falco a Trincone, che parmi ascoltar voci che siano della compagnia della Morte; essa si recherà Grampo a seppellire nel prato del cimitero dentro la valle".
| |
Trincone Guazzo Falco Lucio Gabriele Orsola Rina Guazzo Trincone Falco Falco Trincone Morte Grampo Maestro
|