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      Più di mezzo il suo corso avea già varcato la notte quand'essi giunsero presso Musso. Non vollero attentare d'entrare colla barca nel porto per avere di là ingresso al Castello, potendo ciò riuscir loro sommamente periglioso, a causa della pratica che vigeva per gelosia di difesa di trarre a bombarda su tutte le navi che s'accostavano senza essere state precedentemente riconosciute. Falco volle che il navicello s'arrestasse in un seno della spiaggia a convenevole distanza dai luoghi fortificati.
      Tutto era oscurità e silenzio, e solo dai varii piani del Castello, che appariva come un nero rialzo sul monte, scorgevasi da alcune finestre apparire chiarore di lumi; ed a piè d'un lungo casamento poco discosto, ed era l'arsenale di Musso, luceva un fuoco che mandava gran fumo e faville. Falco ed i suoi, sbarcati che si furono, colà s'addrizzarono.
      La sentinella che guardava lo steccato che circondava quel casamento, riconosciutili amici, aperse loro il cancello, per cui entrarono in vasto cortile ove i lavoratori destinati alla scôlta notturna, per ricrearsi, alimentavano una larga fiamma abbruciando frantumi di rotte o fracide navi: visto ch'ebbero Gabriele, gli furono rispettosamente dintorno; ed ei fece tosto richiedere di Prospero Onallo genovese, mastro de' fabbri e capitano dell'arsenale. Abbenchè questi si stesse a riposo, udito ch'ebbe l'annunzio della venuta del fratello del signor Gian Giacomo, persuaso fosse di ritorno da qualche spedizione lontana, abbandonò le coltri, gli corse incontro procurando ad esso lui ed a chi seco era, quel più cortese accoglimento che gli fu possibile, e che a lui incumbeva siccome stipendiato del Medici, ed in ogni cosa da lui dipendente.


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Falco della rupe o la guerra di musso
di Giambattista Bazzoni
Ant. Fort. Stella e figli
1829 pagine 359

   





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