A diversità de' primi posseditori di questa, che nell'erigerla non aveano avuto di mira che di formarsi in essa un riparo, il Visconte nell'edificare la nuova rocca ebbe in animo di costruire una fortezza che valesse a tenere in freno i confinanti e i vassalli, e l'innalzò quindi in una posizione mediana tra l'antica ed il lago, spianando il pendio ed allargando lo spaldo con approcci di murate e terrapieni. Quadrangolare era la Rocca Visconti, che avea la maggior parte de' suoi muri contesti di mattoni: una sol torre le sorgeva nel mezzo dal lato del monte, nel quale s'apriva la porta con arco di sesto acuto, della qual forma erano pure le finestre che andavano difese da grosse ferriate; a metà della torre stava infissa una gran lastra di marmo su cui scorgevansi a rilievo le spire d'un serpe incoronato col fanciullo tra' denti, e vedevansi qua e là per le mura scolpiti scudi con insegne d'aquile e di croci, ritratti di duchi e duchesse, immagini di santi, tra cui non mancavano quelle di sant'Ambrogio e di san Giorgio colla sferza e la lancia.
Situate com'erano quelle due propinque rocche al limitare delle tre libere pievi di Dongo, Gravedona e Sorico, andarono soggette a numerose e singolari vicende nel passar che facevano in potere dell'uno e dell'altro dei signorotti che battagliando s'impossessavano delle vicine terre. Venute in potere de' Francesi, furono sul finire del 1500 date in feudo col borgo di Musso al maresciallo Gian Giacomo Triulzo, detto il Magno, guerriero e duce il più illustre dell'epoca, di cui durerebbe intatta e limpida la fama, se apporre non gli si dovesse a grave colpa l'aver capitanate armi straniere a danno della propria patria, riducendola a doloroso partito; e di tale obbrobriosa azione ebbe condegna pena gli ultimi anni di sua vita, nei tanti contrassegni di noncuranza e di sprezzo che ricevette alla Corte del gallico re Francesco primo.
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