Questo vecchio personaggio, che sovra un sottabito di nero saio portava una zimara di velluto pavonazzo orlata di bianco, infondeva, coll'aspetto dignitoso e grave, riverenza e suggezione. Calva e rugosa erane la fronte, bianca e folta la barba e gli occhi incavati; traspariva però da tutto il suo volto una certa quale disposizione all'ira poco in accordo colla carità e colla bontà evangelica debita nel suo stato, la quale difettosa tendenza era a lui venuta forse dal lungo uso delle acri dispute cui erasi dato in altri tempi con tutto il vigore della mente e della parola. Nemico acerbissimo della Riforma che i Luterani promovevano a tutta possa nella Svizzera, aveva sostenute contro di loro pubblicamente ogni sorta di tesi in unione a varii Protonotari Apostolici, e fatte dai pergami in odio agli stessi le più violenti invettive; ma convinto al fine che le Diete Elvetiche assecondavano gli sforzi de' Protestanti, procurò, favoreggiando le parti del Medici, di dare il paese de' Grigioni in mano ad esso, sperando di trovare in lui un valido alleato contro l'eresia. La sua trama però fu scoperta: cercato a morte e forzato a trovare la salvezza nella fuga, si condusse a ricovero nel Castello di Musso ove Gian Giacomo gli fece cortese accoglienza, ben calcolando quanto poteva giovargli la costui secreta influenza nell'andamento degli affari della Lega Grisa, che così chiamavasi la confederazione de' Grigioni con altri Svizzeri tutti suoi accaniti nemici. Viveva l'Abate una vita ritiratissima in quel Castello, a null'altro dedito che a comporre una sua grand'opera in confutazione del sì famigerato libro =Della Schiavitù di Babilonia= pubblicato pochi anni prima da Martino Lutero.
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